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I PFAS, acronimo di "sostanze perfluoroalchiliche", sono composti artificiali che, a partire dagli anni cinquanta, sono presenti negli oggetti di uso comune. Vengono utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, pentole antiaderenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa, cosmetici…

Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno conseguenze negative se essi vengono dispersi nell’ambiente, a causa della loro persistenza e mobilità.

Nel 2013 i risultati di una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero dell’Ambiente, hanno indicato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili.

Nel Veneto furono prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano in piu' di 30 comuni della provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Le indagini evidenziarono un inquinamento diffuso di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS).

Il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso ha operato un’inchiesta (2017) che ha acceso i riflettori sulla ditta Miteni di Trissino (VI), che ha operato per oltre 40 anni nel settore: secondo l’accusa l’azienda è responsabile di avere inquinato le acque della nostra Regione per decenni.

Ma quali danni producono all’organismo questi PFAS, se sono presenti nel sangue in alta concentrazione, una volta ingeriti attraverso i cibi o le acque contaminate?

Nel 2016, il National Toxicology Program (NTP) ha concluso che il PFOA e il PFOS (due PFAS piu' comunemente usati e trovati nell'ambiente) sono considerati un rischio per la funzione del sistema immunitario umano, con una diminuzione nella produzione di anticorpi.

I dati epidemiologici sulle associazioni tra PFAS e rischio di cancro sono limitati, ma gli studi condotti mostrano che le persone esposte ad alti livelli di PFAS sono soggette ad un aumento del rischio di cancro al rene o ai testicoli.

Un altro studio ha rilevato l’associazione tra esposizione ai PFAS durante la gravidanza e la diminuzione del peso del bambino alla nascita.

Vi è il documentato sospetto che l'esposizione precoce ad alcuni PFAS possa contribuire allo sviluppo di malattie metaboliche, tra cui l'obesità e il diabete di tipo 2. Le recenti prove epidemiologiche sull'associazione tra esposizione ad alcuni PFAS e misure di fertilità umana, mostra la potenziale ricaduta sulla fecondabilità femminile (cioè la bassa probabilità di concepimento). E la lista potrebbe continuare...

Sono tuttavia in corso ulteriori approfondimenti sulla correlazione diretta tra le patologie citate e l’esposizione a queste sostanze.

Ora ci si chiederà cosa c’entra San Michele con i PFAS: laddove si trovano le discariche, si trovano i anche i PFAS, in particolare nei pozzi di raccolta del percolato e come sappiamo l’acqua delle falde non conosce confini. Nella nostra zona sono attivi progetti di ampliamento degli attuali impianti (già monitorati dalla Regione) e in studio la costruzione di nuovi.

E’ un bel problema, ma conviene a o’Sistema affrontarlo in modo radicale, mettendo al bando queste molecole? Bella domanda, passiamo alla prossima......

Mauro Tedeschi

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Nel Veneto il pericolo corre in falda https://sanmichele.online/ Mauro Tedeschi

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